Di paoloceccato
Assegnazione e rassegnazione. Ovvero assegnazione di un reddito, di un “assegno di povertà”, a cui siamo chiamati a rassegnarci, e che, dunque, da assegno, diventa un “rassegno di povertà”. Con l’assegno, mi rassegno a restare povero. Dica lo giuro: Lo giuro!
Eccoci qua; e se la osserviamo da questa prospettiva, il “rassegno di povertà” si svela quale indubbia grande ed efficace invenzione. Perché? Perché l’assegno non viene assegnato ai poveri perché poveri, ma affinché i poveri rimangano poveri.
Ecco il punto, che non deve sfuggire.
Con poche centinaia di euro al mese, il sistema ti colloca in povertà
indeterminata, prendendosi carico (anche) dell’indigenza e della eccendenza umana, ovvero di coloro che non servono a nulla, e potendo così regolare criticità sociali e di consumo, a tutela di risorse naturali sempre più scarse.
Torna alla mente quella novella, famosa, di Luigi Pirandello, La Patente, in cui un uomo, tacciato di portare jella, reclama una patente, affinché gli venga riconosciuto il suo ruolo e il suo dovere di iettatore, cioè essere pagato per tenersi a distanza da tutti, senza più chiedere nulla a nessuno.
“Voglio che sia ufficialmente riconosciuta questa mia potenza spaventosa, che è ormai l’unico mio capitale!”
Luigi Pirandello, La Patente, 1911.
Il “rassegno di povertà” è qualcosa di simile: traduce la povertà in un capitale, a cui riconosce giusti interessi, e garantisce una patente istituzionale, con cui il povero ritrova sistemazione nel sistema, a patto che accetti di restare povero.
Perché in un sistema che si rispetti, il povero non può esistere; e se esiste, è perché rifiuta di far parte del sistema, per dissenso e dissidenza, e diventa così
un sospetto che destabilizza l’ordine sociale e che, come il personaggio di Pirandello, va disinnescato assegnandogli un reddito, per riconsegnarlo al consorzio umano, perché il reddito è il limen, il confine tra civiltà e barbarie, tra cittadino e dissidente.
Ecco perché il “rassegno di povertà”, “con tanto di bollo legale!” (cit), è economicamente e socialmente vantaggioso, per tutti.
Ed ecco perché, l’apparente malfunzionamento del cosiddetto reddito di cittadinanza, ovvero il suo effetto disincentivante quanto a trovare un lavoro, in realtà è il suo pieno successo.
E ciò è quanto dovevasi dimostrare