Di Paolo Ceccato
“Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra persone, mediato da immagini” (*).
È doveroso dar merito a Guy Debord, filosofo francese (1931-1994), di essere riuscito a riassumere in poche, precise parole la realtà metaversatile di oggi.
Al dunque. Lo spettacolo non sono le immagini che scorrono davanti e attorno a noi; no, è qualcosa di molto più radicale: lo spettacolo sono immagini che (mass)mediano le nostre relazioni sociali, per sostituirsi alle emozioni, ai sentimenti, al dialogo, alla razionalità. Se così è, se ha ragione Debord, si comprende che la società dello spettacolo è l’erosione dell’umano nelle relazioni umane, rimpiazzato da qualcosa di superficiale, vuoto, cavo, commerciale, scorrevole nel senso di continuamente aggiornabile, ora anche digitale e aumentato, versatile e metaversatile. La società dello spettacolo, appunto.
Che dire. Immagini siamo e immagini saremo. Anche con la enne.
(*)”Le spectacle n’est pas un ensemble d’images, mais un rapport social entre des personnes, médiatisé par des images”.
Guy Debord, La Société du Spectacle, 1967.
Curiosamente, decenni prima, lo scrittore inglese (e traduttore di Giovanni Verga), David Herbert Lawrence (1885 – 1930) intuì e scrisse che “le nostre immagini, oggi, sono quasi del tutto prive di contenuto emotivo” (Apocalisse, 1929).
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