Chi non suscita né simpatia né compassione è l’uomo medio, onesto e senza grandi inclinazioni al male. L’uomo che lavora per tirare avanti, che mette su famiglia e la mantiene.
Ennio Flaiano, Diario degli errori, 1976.
Ecco, appunto, l’uomo medio, da cui “l’italiano medio”, ovvero, secondo l’intelligente™, l’archetipo di quanto di peggio c’è in Italia. E non tanto in quanto uomo, o italiano, ma in quanto medio, cioè mediocre, termine che in realtà deriva da medius, “che sta in mezzo”, un tempo la mediocritas, l’aurea mediocritas di Orazio, cioè la moderazione, virtù decantata da filosofi e poeti, oggi decaduta a mera e disprezzabile mediocrità, il “senza lode né infamia”, cioè il peggiore dei mali nell’odierna era della telegenìa.
L’italiano medio(cre), dunque, che viene talvolta apposto con un dispregiativo in appoggio, italiota, forse per assonanza con idiota, anche se in realtà “colono greco della Magna Grecia”, ma non si può pretendere più di tanto; onesto e poco incline al male, dunque, lavoratore che “tira avanti” e, come se non bastasse, che pure si riproduce e mantiene la famiglia: così ritratto, l’italiano medio (sempre e solo al maschile, mai sentito o letto dell’italiana media), non poteva, né può, effettivamente, suscitare simpatia e, tantomeno, compassione.
Tuttavia, un ruolo di merito ce l’ha: l’uomo medio rende migliori tutti gli altri, cioè tutti, perchè nessuno, oggi, si riconosce volentieri nella mediocrità, grazie a un complesso e articolato sistema che ci guida a percepirci sempre e comunque speciali, se non unici.
L’italiano medio è così il perfetto bersaglio d’esecrazione di una società spettacolare che ama e fa amare solo gli estremi: vanno bene gli umiliati e offesi, preziosi per 8 e 5 per mille vari, e, ovviamente, vanno benissimo i campioni, i predestinati frontmen dell’umanità.
Nel mezzo, c’è la cosiddetta massa, utile solo quando viene servita in statistiche tipo pil, prenotazioni per le vacanze, consumi, share televisivi etc. Solo lì, nel ricalcolo statistico, l’uomo mediocre si rivaluta, perché fa grandi numeri e i grandi numeri, si sa, piacciono ai media.
La massa, dunque; indefinita eccedenza umana di cui sparlare e di cui non sentirsi mai parte, perché è più facile creare un qualcosa di indefinito, da cui poi prendere le distanze, piuttosto che tentare di pensare diversamente ed essere diversi.
Diversi da cosa, appunto?
Ma dalla massa, ovvio.
Un solo dubbio: e se invece avesse ragione lui, l’italiano medio(cre)?
Se fosse proprio lui, nella sua mediocritas, nella moderazione di chi sta in mezzo, ma va anche bene anche mediocrità, e sia, sì, dunque, e se la vera diversità fosse oggi proprio la mediocrità, quale unico antidoto a una società che vuole lo spettacolo, l’eccesso e l’eccessivo a tutti i costi (pagabili anche con comode rate) come uniche virtù? Se la virtù, in realtà, oggi fosse proprio del mediocre? Parco, moderato, consuma poco, inquina poco, nessun grillo per la testa, fa quel che deve fare ed è contento così.
Se fosse così, quale spin potrebbe oggi restituire alla mediocritas il suo significato di moderazione? Cosa aiuterebbe ad accettare il limite delle nostre possibilità, rinunciando a quell’immaginario preconfezionato, servitoci a domicilio, che ci illude di essere sempre e comunque speciali, rifornendoci di ogni sorta di protesi adatta per tale ruolo? E se, un giorno, anche il cosiddetto analfabetismo funzionale diventasse davvero funzionale a ripensare un alfabeto troppo spesso pre-confezionato di sginificati, aiutandoci a recuperare quell’alfabeto delle origini che, nella frenesia degli aggiornamenti continui, resta pur sempre un punto di riferimento sicuro?
Già, è tutto un se; ma, chissà, non si sa mai che.
*La foto di copertina è tratta dal film Still Life, di Uberto Pasolini, 2013, con Eddie Marsan.