Di Paolo Ceccato
da Altre Storie
Banale, dal germanico -ban(n), gotico bandwo, tardo latino bannum, ovvero banno, bando, proclama del signore feudale, squilli di trombe e piazze, udite udite. Banale, banno e potere: il banale è potere. Il potere a cui ci si deve sottomettere in quanto banale, è potere banalizzato, cioè comprensibile a tutti, omnibus, un potere per tutti, a cui tutti, in quanto comprensibile e dunque accessibile, devono sottomettersi. Il banno banalizza la legge; legge che, banalizzata, poi non ammette ignoranza. La legge non ama gli ignoranti, cioè coloro che ignorano la legge, o perché non la capiscono o perché la capiscono troppo e, non trovandola poi più così banale, si mettono contro la legge, e chi non segue la legge, chi non obbedisce al banno, allora subisce il banno, (di)viene bandito, un fuori-legge, qualcuno che vive al di fuori della legge, nel senso che legge altrove, probabilmente legge tra le righe e poi addirittura fuori dalle righe, legge qualcosa di non banalizzato, non accessibile, poco comprensibile, qualcosa che non ha potere perché richiede fatica e dunque perdita di potere; il bandito è colui che è lontano, lontano dalla comunità, non più compreso dalla e nella comunità e dunque incomprensibile, fuori dal banale e, come tale, non scontato, non in saldo e nemmeno più saldo, bensì errante, mentre il banale salda, mette tutti d’accordo. Consolida.
Il banale è potere, ma il potere non è mai banale.
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